L’eco dei festeggiamenti si è spenta e ha lasciato spazio a domande scomode. Arne Slot aveva convinto lo spogliatoio e i tifosi. Ora fronteggia una squadra scossa da scelte di mercato che hanno allentato i punti forti e amplificato le fragilità.
Dallo scudetto al caos: la caduta accelerata
Slot ha iniziato la stagione con credito. Aveva appena guidato il Liverpool a un titolo atteso da decenni e aveva dato continuità al post-Klopp. Dopo venti giornate, la fotografia è cambiata. La squadra è nella parte bassa della classifica, pur restando a tre punti dal quarto posto in una zona affollata.
I numeri bruciano. Nove sconfitte in dodici gare tra tutte le competizioni richiamano cicli storicamente bui, come quello di Don Welsh negli anni Cinquanta. Il confronto che rimbalza tra i seggiolini non è più con l’interregno di Roy Hodgson. Il paragone corre agli ultimi mesi grigi di Brendan Rodgers.
Domanda che inquieta Anfield: c’è un tetto che la squadra non può superare o l’estate ha minato la struttura che funzionava?
Quella sensazione da “Brendan bad”
Le analogie con il 2014-15 pesano. Allora l’uscita di Luis Suárez innescò spese abbondanti e poca coerenza. Oggi il copione è diverso nei nomi, simile negli effetti. Il Liverpool che appariva netto e spietato ora è spezzettato e incerto sulle proprie forze.
- Sistema di gioco ancora senza un’ossatura stabile.
- Acquisti di grande costo che non parlano la stessa lingua del gruppo.
- Ruoli chiave trascurati, mentre altre zone del campo si affollano.
Slot si è preso la responsabilità dei crolli definiti “ridicoli” e “incredibili”. Non ha scaricato singoli né curva. I suoi piani partita hanno perso presa. Le correzioni in corsa non hanno girato l’inerzia. I giocatori si sono contratti proprio dove prima trovavano coraggio.
La domanda da 450 milioni: qual era il piano
Il nodo scotta sul mercato. Michael Edwards, oggi chief executive of football di FSG, e il direttore sportivo Richard Hughes hanno costruito una reputazione da operatori accorti, guidati dai dati. Le loro scelte hanno alimentato metà dell’era Klopp. Il loro ritorno aveva rassicurato.
In estate, la logica si è fatta opaca. Una spesa vicina ai 450 milioni di sterline, con due operazioni oltre il record nazionale, non ha irrobustito il nucleo vincente. Lo ha agitato.
Budget e status non sono mancati. Sono mancati incastri che colmassero i vuoti più evidenti, lasciati scoperti dal disegno.
Centro affollato, fasce scoperte
Florian Wirtz è arrivato per diventare il cuore creativo, con un esborso potenziale da 116 milioni. L’idea aveva senso sulla carta. La fragilità, però, viveva sulle corsie, soprattutto dopo l’uscita di Luis Díaz e con un terzino destro in bilico. Il club ha spinto ancora al centro.
In attacco la traiettoria è stata singolare. Risorse pesanti su Hugo Ekitiké, fino a 79 milioni, e su Alexander Isak, intorno a 125 milioni. Intanto, la copertura sugli esterni si assottigliava e l’ampiezza perdeva mordente.
| Ruolo | Urgenza percepita | Esito del mercato |
|---|---|---|
| Terzino destro | Alta, dopo l’uscita del titolare | Nessun profilo consolidato, rotazioni continue |
| Esterni offensivi | Supporto a Salah e post-Díaz | Rinforzi minimi, focus sul corridoio centrale |
| Creatività centrale | Upgrade utile ma non prioritario | Investimento su Wirtz, sistema spostato |
| Centravanti | Profondità dietro le opzioni presenti | Due punte costose, compiti sovrapposti |
Se Wirtz e Isak si accenderanno, il giudizio potrebbe cambiare. Oggi il rischio è chiaro: somme altissime su profili che modificano l’identità senza alzare subito il livello.
La roulette del terzino destro e il nodo Salah
La partenza a parametro zero di Trent Alexander-Arnold verso il Real Madrid ha inciso più di quanto ammesso. Perdere un playmaker generazionale dal ruolo di terzino avrebbe ferito chiunque. Perderlo senza un sostituto definito ha creato instabilità permanente.
Conor Bradley aveva già problemi fisici noti. Il Liverpool ha iniziato senza un terzino destro affidabile. Da lì un carosello tattico: Bradley, Jeremie Frimpong, Joe Gomez, Curtis Jones, Calvin Ramsay e Dominik Szoboszlai hanno occupato quella corsia, a turno.
La rimescolata continua a destra ha spezzato gli automatismi che rendevano quel lato il quadrante più pericoloso dei Reds.
Mohamed Salah si è ritrovato isolato. Non sa se l’ampiezza arriverà, né da chi. Quando Szoboszlai si abbassa in linea, il centrocampo perde la sua gamba migliore. Ogni toppa ne apre un’altra.
Wirtz senza un giardino dove crescere
Wirtz è sbarcato con l’idea di costruire attorno a lui. La squadra attorno a lui, però, si è sciolta. Da numero 10, spesso tocca pochi palloni, resta ai margini, elegante ma poco incisivo. Un infortunio lo ha frenato. Il possibile rientro con il West Ham porterà indicazioni. Serve una struttura stabile, prima ancora delle giocate.
L’adattamento complicato di Isak
Isak ha forzato l’uscita dal Newcastle, saltando la preparazione per raggiungere Anfield. Slot ha chiesto pazienza, citando condizione e ritmo. Dopo due mesi, l’argomento regge poco. I tempi delle sue corse non si sposano con quelli dei compagni. L’idea di una stella che guida la linea non si è ancora materializzata. In spogliatoio resta un interrogativo pesante: il gruppo si piega a un nuovo arrivo, ma se i gol tardano, la tolleranza evapora.
Slot e un margine d’errore che si assottiglia
Slot mantiene calma in pubblico. Sa che la prossima settimana pesa. West Ham, Sunderland e Leeds rappresentano un test mentale prima che tecnico. Servono vittorie e segnali di direzione. Il tecnico parla di duelli e aggressività. Traduce una sensazione: il calo è mentale oltre che tattico. Gli ultimi minuti contro PSV e Nottingham Forest mostrano una squadra che non crede più di poter domare il caos.
Quando un progetto basato sull’intensità perde fiducia nella propria lama, ogni inciampo diventa una storia di carattere, non di moduli.
L’architettura societaria incide. L’allenatore lavora dentro un framework disegnato da Edwards e Hughes. Le scelte di mercato entrano nel sistema. Il coach deve cucire tutto, senza il potere totale di Klopp. Funziona quando i risultati sostengono la visione. Quando calano, la responsabilità condivisa si trasforma in ambiguità operativa.
FSG tra controllo e carisma
Fenway Sports Group ha tracciato la rotta dopo Klopp: niente manager onnipotenti. Direttore sportivo centrale, dati come bussola, pianificazione di medio periodo. Edwards non sarebbe rientrato senza questa cornice. Il modello protegge dalla volatilità. Garantisce continuità anche se cambia il volto in panchina.
Ora il rischio tocca anche la reputazione. Se un mercato record partorisce una squadra più fragile, la narrazione si incrina. L’aura di maestria attorno a Edwards e Hughes si offusca. Gli avversari si chiedono se questo sia un episodio o l’inizio di un’erosione dell’edge competitivo.
Cosa può succedere adesso
Nell’immediato servono due stabilizzatori. Un terzino destro definito per smettere di ruotare i centrocampisti, anche accettando un profilo non perfetto. Un assetto offensivo che dia a Salah una traccia chiara, con una sola domanda: si costruisce per Isak o si chiede a Isak di aderire al sistema che ha reso la squadra efficace?
- Fissare un titolare a destra e ruoli chiari per le coperture.
- Consolidare le coppie sulla fascia di Salah per ripristinare automatismi.
- Limitare i cambi di posizione in gara per ricreare ritmo e fiducia.
- Dare a Wirtz compiti semplici tra le linee finché il contesto non si stabilizza.
Nel medio periodo, il reclutamento va riallineato al campo. Gli algoritmi funzionano quando rinforzano l’impalcatura esistente. La squadra che vinceva non chiedeva rivoluzioni. Chiedeva rinforzi mirati: esterni affidabili, un terzino pronto, profili compatibili con intensità e transizioni.
Due spunti pratici per il mese
Target di punti realistico: su tre partite, sette punti riportano ossigeno e calmano la narrativa. Una vittoria sporca contro un’avversaria diretta vale più di un 4-0 con un’organizzazione fragile. Meglio sicurezza posizionale che spettacolo episodico.
Rischi e vantaggi del “costruire per Isak”. Vantaggi: focalizzi l’area e liberi seconde palle per Wirtz. Rischi: riduci Salah a finalizzatore isolato e rallenti la catena di destra. Alternativa concreta: 4-3-3 con Isak che attacca il primo palo, Wirtz mezzala creativa e un esterno di ruolo che garantisca ampiezza costante. La riduzione della complessità tattica, in questa fase, può restituire certezze al gruppo e rendere leggibile il piano anche nei momenti di pressione.







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