E se fossi tu con la febbre?" : pranzo in malattia, licenziata e Garante sanziona a dicembre 2025

E se fossi tu con la febbre?” : pranzo in malattia, licenziata e Garante sanziona a dicembre 2025

E se fossi tu con la febbre?" : pranzo in malattia, licenziata e Garante sanziona a dicembre 2025

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A Curtarolo, nel Padovano, un presunto abuso di malattia si è ribaltato: il Garante per la protezione dei dati ha inflitto 15.000 euro di sanzione al Comune per l’uso irregolare di riprese di sorveglianza e di un video girato al ristorante con un cellulare privato.

Da sospetto di assenze a contenzioso sulla privacy

Tutto nasce in un municipio di poche migliaia di abitanti. L’amministrazione sospetta che un’impiegata abusi dei permessi per malattia e raccolga immagini per sostenere un procedimento disciplinare. Le riprese interne mostrano entrate e uscite dall’edificio senza registrazioni puntuali. Telecamere nell’area pubblica inquadrano la donna anche durante giorni di malattia. Poi spunta un filmato al ristorante: un collega riprende con il proprio telefono un pranzo in compagnia, e invia il clip via WhatsApp al cellulare personale della sindaca, Martina Rocchio.

Per il Comune, il quadro appare solido. Il licenziamento arriva. La narrazione ricalca la formula dei “furbetti del cartellino”: chi timbra male, chi si assenta, chi approfitta. Ma la storia cambia direzione quando l’ex dipendente ricorre al Garante.

L’autorità individua un trattamento illecito: raccolta e uso di dati personali senza basi giuridiche chiare, scopi ben definiti e salvaguardie adeguate.

Il video al ristorante e il telefono del sindaco

Il clip registrato in un locale diventa il punto di svolta. È stato girato su un dispositivo privato e condiviso su un canale informale. Il Comune spiega che la sindaca non dispone di un telefono istituzionale. Il dettaglio non basta a colmare le lacune: in ambito lavorativo, le immagini di dipendenti richiedono regole, tracciabilità, ruoli e poteri formalizzati. La linea tra sfera personale e funzione pubblica non può dissolversi.

Un dispositivo privato e un’app di messaggistica non sostituiscono procedure ufficiali: mancano controllo, limiti e responsabilità verificabili.

Cosa ha contestato il Garante

Il cuore della decisione non riguarda l’assenteismo in sé, ma il modo in cui l’ente ha monitorato e trattato i dati della lavoratrice. In Italia, come nell’Ue, le telecamere nei luoghi pubblici servono alla sicurezza, non al controllo occulto dei dipendenti. Se un’amministrazione vuole utilizzare immagini per ragioni disciplinari, deve dimostrare necessità e proporzionalità e informare gli interessati in modo comprensibile.

Aspetto Azione dell’ente Rischio privacy
Telecamere interne Tracciamento di entrate e uscite e soste esterne. Uso diverso dalla sicurezza; scopi poco specifici e informativa carente.
Riprese su suolo pubblico Verifica degli spostamenti vicino al municipio in giorni di malattia. Profilazione di movimenti per fini disciplinari potenzialmente sproporzionata.
Video privato Clip girato da un collega e inviato al numero personale della sindaca. Assenza di canale istituzionale, ruoli e log di accesso; prova fragile.
Gestione dei dati Conservazione e uso in istruttoria disciplinare senza governance strutturata. Mancanza di base giuridica, criteri di conservazione e registri di trattamento.

Nella decisione ricorrono tre parole chiave: necessità, proporzionalità, trasparenza. Qui non risultano dimostrate.

La sanzione e il messaggio agli enti locali

La multa di 15.000 euro colpisce un Comune con risorse limitate e lancia un segnale a scuole, piccoli municipi e uffici decentrati. Sistemi informatici a macchia di leopardo, dispositivi personali in servizio, assenza di policy scritte: un terreno fertile per violazioni non intenzionali che diventano cause legali costose.

  • Le telecamere richiedono cartelli ben visibili e scopi circoscritti, documentati per iscritto.
  • Le indagini disciplinari non devono nascere da WhatsApp, ma da atti e canali ufficiali.
  • Ogni uso di immagini sul personale va ancorato a norme sul lavoro e al GDPR, con ruoli e responsabilità definiti.

Assenteismo e controllo: trovare equilibrio

La pressione sul controllo cresce: smart working, orari flessibili, obiettivi politici. Manager e dirigenti cercano strumenti rapidi, ma i garanti europei chiedono procedure chiare e dialogo con i dipendenti. La tecnologia aiuta la sicurezza; non sostituisce la gestione.

Nei sospetti di abuso della malattia, la prassi più solida segue passi progressivi e verificabili.

  • Controllare certificati, registri orari e comunicazioni ufficiali con la persona coinvolta.
  • Richiedere, se previsto, visite medico-fiscali tramite i canali autorizzati.
  • Solo se restano seri indizi, valutare misure mirate e temporanee, evitando raccolte massive.

Le telecamere servono a proteggere luoghi e persone. Non devono diventare scorciatoie di sorveglianza costante.

Cosa devono ricordare lavoratori e responsabili

Per chi è in malattia esistono regole precise. Le fasce di reperibilità, diverse per settore, impongono la presenza in casa per eventuali controlli: nel pubblico generalmente al mattino e al pomeriggio in finestre più ampie; nel privato in finestre più ristrette. Comportamenti incompatibili con la prognosi possono avere conseguenze, a prescindere da errori dell’azienda nella raccolta delle prove.

Per dirigenti e uffici del personale la priorità è la governance, non il gadget. Servono policy scritte su chi accede alle immagini, per quanto tempo, con quali scopi, come si distingue tra device personali e strumenti d’ufficio. La formazione riduce gli inciampi: spesso le violazioni nascono da “buone intenzioni” e canali informali che incrinano la legittimità dell’intero procedimento.

Approfondimento pratico: fasce di reperibilità e casi concreti

In Italia le fasce variano per pubblico e privato. Il dipendente pubblico deve di norma rendersi disponibile in due ampie finestre mattutine e pomeridiane; il lavoratore del settore privato in due intervalli più ridotti. Fuori da tali orari, muoversi non è vietato di per sé. Resta però un criterio di coerenza con la diagnosi: un’attività che smentisce la prognosi può esporre a contestazioni.

  • Se la prognosi suggerisce riposo, un pranzo lungo e affollato può apparire incoerente.
  • Una breve passeggiata in orario consentito può essere giustificabile, se compatibile con la cura.
  • Ogni comportamento andrebbe valutato con il medico curante, che resta il riferimento clinico.

Checklist minima per i Comuni prima di accendere le telecamere

  • Definire per iscritto gli scopi di ogni impianto: sicurezza, accessi, non controllo individuale.
  • Affiggere informative chiare e aggiornate, con contatti e tempi di conservazione.
  • Separare i canali: niente prove inviate a numeri privati; usare protocolli e PEC.
  • Tenere un registro dei trattamenti e nominare responsabili esterni quando servono.
  • Stabilire chi può visionare le clip, come si autorizza l’accesso e come si tracciano le operazioni.
  • Prevedere verifiche legali prima di usare immagini in procedimenti disciplinari.

Perché questa decisione riguarda anche te

Il caso di Curtarolo non parla solo di un licenziamento annullato dal punto di vista probatorio. Riguarda ogni ufficio dove circolano chat di gruppo, telefonini personali e pezzi di video “per aiutare”. Senza regole, si rischia di trasformare un sospetto plausibile in una sconfitta giudiziaria. Con regole chiare, la tutela del lavoro e la protezione dei dati possono convivere, riducendo sanzioni, ricorsi e frizioni in ufficio.

Se gestisci un team, valuta una simulazione interna: scegli un caso ipotetico di assenza sospetta, applica i passaggi formali dall’inizio alla fine e verifica dove mancano moduli, informative, registri, protocolli. Se sei un lavoratore, tieni traccia delle comunicazioni sulla malattia, rispetta le fasce e chiedi al medico quando un’attività può essere compatibile con la tua cura. In entrambi i casi, prevenire costa meno di una sanzione e di un procedimento finito sui giornali.

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